Un'abitante dell'Islanda faceva di nome Stúlka Friðriksdóttir, secondo l'antica tradizione per cui il nome dei figli si forma dal nome del genitore tramite l'aggiunta del suffisso. Tuttavia la donna, che tutti in realtà chiamano Villimey, ci ha messo due decenni per ottenere che il suo nome venisse ufficialmente riconosciuto.
L'Islanda è l'unico paese al mondo dove si è conservata l'antica tradizione germanica di denominazione dei cittadini. I genitori scelgono il nome del loro figli in conformità ai requisiti del Comitato per i nomi propri. Quest'organo pubblico statale è stato fondato nel 1991 per la conservazione dell'identità nazionale e delle tradizioni.
La madre di Villimey già quando era adolescente aveva scelto il nome per la figlia. Il fatto è che allora in Islanda erano molto popolari i libri della scrittrice svedese-norvegese Margit Sandemo del ciclo di 47 volumi «Saga degli Uomini di Ghiaccio». Il carattere distintivo di quest'opera, che raccontava dell'antica stirpe degli Uomini di Ghiaccio, un cui antenato aveva concluso un patto con il diavolo, era la combinazione di avvenimenti storici e di invenzioni fiabesche. Gli islandesi spesso davano ai loro figli i nomi degli eroi principali della saga.
Tuttavia il Comitato per i nomi propri non aveva approvato il nome scelto dai genitori per la neonata: Villimey Líf. La famiglia ha fatto ricorso per ben tre volte, ma ogni volta il comitato ha rifiutato di accogliere la richiesta sulla base del fatto che il nome ha un senso negativo e che il suo utilizzo può avere conseguenze poco piacevoli per il suo possessore. Villimey letteralmente si può tradurre come «vergine selvaggia». Per tutto questo tempo per gli organi ufficiali la giovane islandese è così stata Stúlka Friðriksdóttir.
Alla fine, a 22 anni dalla propria nascita, Villimey è riuscita a ottenere il diritto ufficiale di utilizzare il suo vero nome. «Mi sento una vincitrice» ‒ ha detto la ragazza ai giornalisti.
Reykjavík, Zoja Oskolkova
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