La ripresa è in atto. Ma il mercato russo, risalito dopo esser sprofondato a causa della crisi economica, ancora non stimola gli investitori stranieri che preferiscono aspettare, nonostante il deprezzamento delle «blue chips» russe. Le attese degli analisti per i prossimi due o tre anni non sono quelle di un ritorno ai livelli pre-crisi.
Per i primi tre mesi del 2015, l'Indice RTS (l'indice nazionale dei titoli azionari russi) ha guadagnato l'11,3%, mentre il MICEX è cresciuto del 16,4%.
Gli esperti attribuiscono questo fenomeno al rafforzamento della valuta nazionale che a sua volta dipende dall'aumento dei prezzi del petrolio.
Le società leader più accreditate nello studio dei flussi finanziari sostengono che il mercato azionario russo sia in fase di adattamento alla nuova congiuntura.
Nonostante questo, gli investitori non ritengono che tali eventi rendano la Russia conveniente per gli investimenti. Evidentemente considerano il Paese sotto pressione per le sanzioni e, dunque, esposto ai rischi geopolitici. E poco importa che i titoli russi siano deprezzati ed il loro valore sia calato, arrivando addirittura al di sotto del livello negativo raggiunto in occasione della crisi del 2009: chi dispone di capitali preferisce attendere la scomparsa dei timori per la situazione in Ucraina.
Gli analisti vedono la crescita degli indicatori economici della Federazione Russa strettamente collegata alla componente speculativa: la crisi è tutt'altro che finita e non durerà poco. Nel contempo, però, gli stessi analisti sono cauti nel paragonare la situazione attuale con quella dell'ultima crisi finanziaria: mentre nel 2009 l'indice RTS scese al livello di 400-500 punti, oggi non si è osservato un picco così negativo.
Mosca, Zoja Oskolkova
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