Pubblicazioni del 04/28/17 (Archivio)

La Bulgaria ricatta «Gazprom» / L'Unione europea è diventata un partner imprevedibile
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La Bulgaria ricatta «Gazprom» L'Unione europea è diventata un partner imprevedibile

La storia della costruzione del gasdotto South Stream, che sembrava essersi conclusa nel 2014 con il rifiuto della Bulgaria di posare i tubi del gas nel proprio territorio, potrebbe avere un proseguimento. Adesso Sofia, la cui decisione tre anni fa costrinse «Gazprom» a cominciare lo studio di un percorso alternativo attraverso la Turchia, ha proposto di tornare al progetto iniziale. Altrimenti la compagnia energetica russa rischia una multa di 10 miliardi di euro.

La Bulgaria ci ha semplicemente ripensato, una volta calcolato quello che ci avrebbe perso se il gas russo avesse cambiato percorso. Oggi il paese prende per il suo transito dal confine ucraino alla Grecia e alla Turchia una cifra dell'ordine dei 300 milioni di euro. Se il South Stream entrasse in funzione, gli introiti di transito della Bulgaria salirebbero a 400 milioni di euro. L'attuale contratto per il pompaggio del gas russo scade nel 2020, e con esso verranno meno anche gli introiti. Inoltre il 90% del fabbisogno di gas della Bulgaria viene coperto dal gas del gasdotto russo, che viene pagato per compensazione, senza esborsi di denaro. Se invece entrasse in funzione il Turkish Stream, il paese dovrà procurarsi il gas a tutt'altre condizioni. Per il paese più povero dell'Unione europea s'intravedono perdite non indifferenti.

Ancora di recente la Bulgaria, paese «amico», aveva preteso che «Gazprom» stracciasse tutti gli accordi con la Turchia, tra cui quelli intergovernativi, e posasse i tubi del gas sul fondo del mar Nero vicino alle coste bulgare. A Sofia insistono anche affinché «Gazprom» dia delle garanzie sul mantenimento o dell'infrastruttura per il trasporto del gas esistente o, se questo non fosse possibile, o degli introiti di transito per la Bulgaria, scrive l'agenzia «Life».

Formalmente la Bulgaria ha i mezzi per costringere la compagnia russa ad accettare le sue condizioni. In questo periodo si sta concludendo l'indagine antimonopolio della Commissione europea contro «Gazprom» e Sofia ha intenzione di influenzarne l'esito. A marzo la Commissione europea ha dichiarato di essere pronta a sottoscrivere con la compagnia russa un «trattato di pace» ma prima di poterlo decidere devono dare il loro benestare Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Slovacchia e anche la Bulgaria, che ha intenzione si sfruttare questa possibilità a suo favore.

Oltre al mantenimento delle infrastrutture per il trasporto del gas e degli introiti di transito, a Sofia vorrebbero ottenere delle garanzie sul fatto che il prezzo del gas russo per la Bulgaria non sia maggiore di quello per i paesi vicini.

I discorsi sulla reviviscenza di South Stream sono riemersi dopo che alla fine del 2016 si è tenuta una conversazione telefonica tra il presidente russo Vladimir Putin e il capo del governo bulgaro Bojko Borisov. In seguito al dialogo tra i due il premier bulgaro ha annunciato di aver raggiunto un accordo sulla creazione di gruppi di lavoro per il ripristino dei progetti energetici bilaterali. Oltre alla centrale nucleare di Belene, la cui costruzione non è stata portata a termine, si è parlato anche del progetto South Stream, per il quale inizialmente Sofia aveva combattuto, per poi rinunciarvi categoricamente sotto la pressione dell'Unione europea.

Alla fine è stato mandato a monte un grande progetto, al quale avevano già aderito l'italiana Eni, la francese Électricité de France (EDF) e la tedesca Wintershall, che avrebbero dovuto mettere nel South Stream circa 23,5 miliardi di euro. Tanto più che sono già stati posati alcuni pezzi del gasdotto.

Le richieste della Bulgaria mettono in crisi anche il progetto del Turkish Stream, già avviato, i cui parametri fondamentali sono riportati nel nuovo accordo tra Russia e Turchia. Tutto questo mette «Gazprom» davanti a una scelta difficile: o pagare una multa da 9,3 miliardi di euro o deviare il Turkish Stream verso la Bulgaria. La terza variante è la rinascita del progetto South Stream.

Allo stesso tempo «Gazprom» non porta alcun rancore nei confronti di Sofia. Nell'ambito dell'indagine antimonopolio ha rinunciato alle richieste di risarcimento dei danni provocati dall'improvviso voltafaccia della Bulgaria.

Sofia, Zoja Oskolkova

© 2017, «New Day – Italia»

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