I prezzi elevati hanno sostenuto la produzione dell'«oro nero» in Russia che, da maggio di quest'anno, ha guadagnato la leadership mondiale nella produzione di idrocarburi liquidi, battendo il più grande competitor sul mercato petrolifero, l'Arabia Saudita. In seguito alla svalutazione del rublo e grazie all'aumento del costo dei carburanti è salita la redditività della produzione, dando l'occasione alle aziende di intensificare le trivellazioni.
Nel mese precedente la Russia aveva toccato quota 10,25 milioni di barili al giorno, con un ulteriore margine di aumento pari ad altri 2 milioni, ancora non sfruttato. In pratica, potrebbe essere superato il record russo di 10,71 milioni di barili al giorno.
Per gli economisti l'aumento è dovuto alla ripresa dei prezzi dei carburanti. Già a gennaio, il costo del petrolio del marchio Brent corrispondeva a 45 dollari al barile. Attualmente a circa 64. Dopo aver superato quota di 50 dollari al barile non esistono più i progetti non redditizi, è iniziata la crescita, perché non si sa per quanto tempo sarà questo prezzo.
Secondo le previsioni dell'OPEC la dinamica positiva continuerà fino alla fine del secondo trimestre, per poi decrescere. Già adesso, il basso prezzo del petrolio ha costretto i produttori a ridurre le spese sia per la produzione che per la prospezione geofisica. In Russia, le spese sono diminuite del 9%, negli Stati Uniti 20 e in Medio Oriente del 10.
Intanto, nei progetti a lungo termine del Ministero dell'Energia russo si parla di una produzione di 10,5 milioni di barili al giorno. Il calo che si registrerà nei giacimenti esistenti sarà compensato dall'aumento che verificherà in Siberia Orientale e dall'estrazione programmata dopo il 2020 sulla piattaforma artica.
Fonte: «Kommersant»
Mosca, Zoja Oskolkova
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