La Comunità degli stati indipendenti (CSI), fondata dopo la disgregazione dell'URSS, nei 25 anni della sua esistenza non è riuscita a ricostituire in piena misura i legami economici e sociali tra le ex repubbliche sovietiche che erano andati persi. È questa l'opinione, come riportato dal corrispondente dell'agenzia d'informazioni russa «New Day», espressa dagli esperti dei paesi della Comunità durante la conferenza stampa dedicata al 25° anniversario della Dichiarazione di Alma-Ata che sancì definitivamente la dissoluzione dell'Unione sovietica.
Come ha sottolineato il vicepresidente del Comitato della Federazione per gli affari internazionali Vladimir Džabarov, nel 1991, quando si dissolse l'Unione sovietica e fu fondata la CSI, sia alla popolazione che ai dirigenti politici era sembrato che questa nuova formazione avrebbe semplicemente trasformato il precedente sistema e che per molti versi le cose sarebbero rimaste come prima. «Nessuno era ancora consapevole fino in fondo che in sostanza era iniziato un processo di divorzio» ‒ ritiene Džabarov.
Secondo quanto detto dal capo dell'ufficio stampa del presidente dell'Azerbaigian Rasim Agaev, allora molte delle ex repubbliche sovietiche non vedevano neanche il senso di aderire alla CSI. «Allora da noi a Baku si doveva prendere la decisione se andare o meno ad Alma-Ata, e per i dirigenti dell'Azerbaigian non fu una cosa semplice. La decisione fu presa solo in seguito a un aspro dibattito politico con coloro che erano apertamente contrari. Il loro argomento principale era questo: basta, con la Russia abbiamo chiuso, l'Unione sovietica si è disgregata, la Russia se non oggi, si disgregherà domani, perciò noi dobbiamo cercare degli alleati dall'altra parte» ‒ ricorda Agaev.
Džabarov da parte sua ha sottolineato come i primi 10 anni di formazione della CSI siano stati difficili. «In quegli anni in molti stati, tra cui la Russia, si diceva che la CSI aveva già un piede nella fossa, in quanto le decisioni che venivano prese ai summit non venivano messe in atto e avevano soltanto un carattere dichiarativo, niente di più» ‒ ha constatato Džabarov.
L'ex capo del Soviet supremo della Repubblica del Kirghizistan Medetkan Šerimkulov ha fatto notare, a tal proposito, come anche oggi, passati 25 anni dalla creazione della CSI, molte questioni relative all'organizzazione continuino a restare irrisolte. Secondo lui, in tutti questi anni le élite politiche dei paesi membri della Comunità non hanno fatto abbastanza per riallacciare e ristabilire i legami che si erano persi con la dissoluzione dell'URSS.
«Considerare le questioni del ravvicinamento politico come specifiche questioni politiche degli stati che aderiscono alla CSI vuol dire, per lo meno, chiudere gli occhi sulla realtà di oggi. Noi, ieri cittadini di un unico stato, oggi andiamo da uno stato all'altro con le quote, con i visti, per periodi limitati. Bisogna fare in modo che i processi migratori, i viaggi da uno stato all'atro siano più semplificati» ‒ ritiene Šerimkulov.
Secondo la sua opinione, nell'ambito della CSI a tutt'oggi non sono state risolte altre questioni di primaria importanza, come ad esempio quella della sicurezza. «Stiamo perdendo i legami. Quei legami che avevamo consolidato negli anni li stiamo ormai perdendo. Da parte degli stati che confinano con i paesi dell'Asia centrale possono insorgere delle minacce esterne, le quali poco alla volta possono poi diffondersi più in su, verso Nord» ‒ ritiene l'ex capo del Soviet supremo del Kirghizistan.
Šerimkulov ha poi messo in rilievo come oggi i cittadini del Kirghizistan che si trovano nelle altre repubbliche postsovietiche della CSI vivano in quei paesi con molte difficoltà, come gli si crei tutta una serie di ostacoli, e questo nonostante che i paesi della Comunità abbiano convissuto per 75 anni all'interno dello stesso stato.
Secondo lui, non sono stati risolte neanche le molte contese territoriali che a un certo momento potrebbero fungere da «catalizzatori dell'incomprensione e, ancor più, di conflitti tra le repubbliche», cosa del tutto inammissibile.
«Noi dobbiamo risolvere le questioni dei confini e delle zone confinanti tra le repubbliche facenti parte della CSI. Il Kirghizistan ha praticamente risolto le questioni dei confini con la Repubblica popolare cinese e con il Kazakistan, ma restano aperti i problemi con l'Uzbekistan e il Tagikistan. Questioni simili ci sono anche nelle altre repubbliche della Comunità» ‒ ha sottolineato Šerimkulov.
Per come la vede lui, il principale demerito della CSI è la debolezza della cooperazione economica tra i paesi della Comunità. «Lo sviluppo della cooperazione economica tra gli stati è la principale piattaforma per un ulteriore avvicinamento in tutte le altre sfere tra i paesi della CSI» ‒ è convinto lui.
Šerimkulov ha messo però in evidenza come i problemi attuali li si potrebbero risolvere in maniera piuttosto rapida grazie alla passata esperienza dell'URSS e anche all'assenza di barriere linguistiche, poiché il russo «resta un ponte di collegamento tra i nostri paesi e i nostri stati».
Secondo l'opinione del deputato della camera dei rappresentanti dell'Assemblea nazionale della Bielorussia Anatolij Chiščenko, sarebbe proprio il rinnovo di una cooperazione stretta in campo economico nell'ambito della CSI a permettere di ripristinare i vecchi legami tra le ex repubbliche sovietiche.
«Tutti i paesi sono interessati a un mercato di sbocco, questo è uno stimolo per lo sviluppo. Un'integrazione più forte ci darebbe molti vantaggi, in primo luogo la libera circolazione delle merci e dei servizi. Quando ci sarà un'integrazione più forte, verranno meno anche quelle «guerre commerciali» che oggi qua e là insorgono» ‒ è convinto Chiščenko.
Il deputato ritiene però che per rafforzare i rapporti commerciali sia necessario unificare le leggi dei diversi paesi. «Nei paesi della CSI esistono molte leggi. Purtroppo, non tutte funzionano bene. Bisogna agevolare l'unificazione di queste leggi, e allora potremo vivere con regole comuni» ‒ ha detto Chiščenko.
A questo proposito Agaev ha fatto notare come le prospettive di sviluppo della CSI in buona parte dipendano dalla Russia. «Se la Russia si manterrà, si rafforzerà, se le riuscirà di trovare le energie per andare avanti, allora si manterrà anche la CSI. Questo l'abbiamo visto chiaramente con l'esempio dell'Unione sovietica» ‒ ha detto Agaev, aggiungendo che anche nel 1991, se il gruppo dirigente della Russia avesse dato prova di «altre qualità", forse l'URSS si sarebbe riusciti a mantenerla.
Šerimkulov ha poi fatto presente come anche in politica i paesi della CSI dovrebbero agire più in armonia. «Dev'esserci unità di intenti sulle questioni cruciali di politica estera. A tutti i livelli, in tutte le sedi, che sia il Consiglio di sicurezza dell'ONU, l'OSCE o l'Assemblea generale, i paesi che fanno parte della Comunità degli stati indipendenti devono sostenersi l'un l'altro senza condizioni. Nelle questioni di politica estera noi dobbiamo agire come un fronte unico, dato che siamo già in pochi» ‒ ritiene Šerimkulov.
Il deputato del Mažilis (la camera bassa del parlamento del Kazakistan) Vladisalv Kosarev da parte sua ha fatto notare come, oltre ai legami economici e politici, i paesi della CSI debbano rinsaldare anche quelli sociali. «Proviamo a guardare con occhio critico le nostre posizioni. Noi non siamo riusciti a formare delle unioni politiche che fossero in grado di cementare nell'opinione della gente la necessità dell'unità tra i nostri paesi. È molto importante che la gente senta davvero, con l'anima, di portare rispetto e di avere fiducia sia l'uno nei confronti dell'altro sia nei confronti dei nostri paesi» ‒ è convinto Kosarev.
Chiščenko ritiene invece che «i nostri popoli già da tempo hanno maturato» l'integrazione, e il ripristino dei precedenti contatti dipende per la maggior parte dai leader dei paesi della CSI. «Noi vediamo che alcuni errori sono stati commessi nell'Unione europea. Va tenuta in conto anche la loro esperienza. Tutto questo dipende dai vertici dei nostri stati, dalle loro élite. I popoli l'hanno già maturato da tempo. Noi a livello di vita quotidiana non ci sentiamo stranieri» ‒ ha detto.
Il direttore dei Dipartimento per la cooperazione economica del Comitato esecutivo della CSI Andrej Kušnirenko da parte sua ha fatto notare come per il 25° anniversario della nascita della Comunità i suoi membri «si rendano conto in maniera piuttosto chiara che insieme si è più forti». «Si è riusciti a mantenere e a sviluppare lo spazio comune in certi settori che sono predestinati alla cooperazione reciproca: si sta sviluppando con intensità la cooperazione nella sfera delle comunicazioni, in quella dei trasporti, dell'energia, in campo scientifico e agricolo» ‒ ha detto Kušnirenko.
Chiščenko ritiene infine che l'unione e il ricompattamento dei paesi della CSI sia anche dettata dalla situazione sull'arena internazionale. «Non si tratta neanche di un nostro desiderio, ma di una necessità» ‒ ha concluso il bielorusso.
Mosca, Marija Vjatkina
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