Il teatro milanese ha messo in scena delle rappresentazioni a Mosca e, nell'ambito del festival «Il bosco dei ciliegi», si è esibito sul Palcoscenico storico del teatro Bol'šoj. Nel repertorio, l'opera «Simon Boccanegra», il «Requiem» di Giuseppe Verdi e un concerto di musica italiana.
Mezzo secolo fa fu proprio La Scala il primo tra i più grandi teatri musicali del mondo a venire nell'URSS dopo la fine della Seconda guerra mondiale. E in tal senso si può dire che aveva spezzato la «cortina di ferro». Gli italiani si ricordano dei legami culturali di vecchia data e cercano di consolidarli. E così il direttore artistico de La Scala Alexander Pereira è volato a Mosca anche per incontrarsi con il suo collega, il direttore generale del teatro Bol'šoj Vladimir Urin, e prendere accordi per gli allestimenti teatrali in comune.
«Per me è una felicità immensa presentare la mia fantastica troupe al pubblico moscovita» ‒ ha detto Pereira. «Tanto più che con noi c'è anche il nostro artista di punta Leo Nucci, una leggenda dell'opera italiana. E per far vedere in modo lampante quanto ci sia in comune tra i nostri teatri, abbiamo invitato il solista del teatro Bol'šoj Dmitrij Belosel'skij a eseguire un'aria del «Requiem» di Verdi».
Da notare che Pereira ai tempi sovietici aveva organizzato le tournée del compositore Tichon Chrennikov e del pianista Alfred Schnittke. Si narra che una volta s'era inventato una furbata per invitare all'estero Schnittke al posto di Chrennikov.
Inoltre, Pereira ha lavorato con l'illustre pianista Svjatoslav Richter. A quanto pare, Richter amava molto suonare nella sala per musica da camera. Tuttavia, per guadagnare un onorario decente, buona parte del quale il grande musicista doveva dare allo stato, ci voleva una sala più grande e un numero maggiore di spettatori.
«Il geniale Richter non si sa come trovava il modo di far sì che più la sala era piccola più i suoi onorari erano grandi» ‒ ricorda Pereira. «Io conosco molte storie sugli artisti, sulle star dell'opera passate e presenti. Ma di raccontare quello che succede dietro le quinte non ne ho il diritto, altrimenti nessuno si fiderebbe più di me».
«Spesso mi chiedono quale tendenza sia più congeniale agli spettatori di oggi: se quella classica o quella moderna. Risponderò così: la cosa più importante a teatro è raccontare una storia. Se la racconti con un linguaggio classico o in forma moderna, non è importante. L'unica cosa che importa è che questa storia dev'essere interessante» ‒ ha concluso Pereira.
Mosca, Zoja Oskolkova
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