Pubblicazioni del 02/01/16 (Archivio)

Saipem ambisce alla costruzione del gasdotto Nord Stream 2 / Qualora vincessero l'appalto, gli italiani lavorerebbero con Gazprom sotto le sanzioni
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Saipem ambisce alla costruzione del gasdotto Nord Stream 2 Qualora vincessero l'appalto, gli italiani lavorerebbero con Gazprom sotto le sanzioni

Quattro società europee ambiscono al contratto per la costruzione dei due rami sottomarini del gasdotto Nord Stream-2, da posare sul fondo del Mar Baltico: la francese Technip, la svizzera Allseas, l'olandese Royal IHC e l'italiana Saipem. Il capitolato del contratto è stimato di 4 miliardi di euro, il costo dell'intero progetto è stimato attorno di 9,9 miliardi di euro.

Il progetto Nord Stream-2 prevede la costruzione dei due rami del gasdotto con una capacità totale di 55 miliardi di metri cubi di gas l'anno, posate dalle coste della Russia attraverso il Mar Baltico, verso la Germania. Il nuovo gasdotto è stato progettato per essere costruito accanto al Nord Stream-1. In precedenza, Gazprom ha fatto mpresente che il progetto è di importanza strategica per la crescita della sicurezza europea dell'approvvigionamento di gas, in quanto consentirà di rifiutare il transito del gas in Europa attraverso il territorio ucraino dopo il 2019. Nel mese di settembre, nel quadro dell'Eastern Economic Forum (EEF), Gazprom ha siglato un pacchetto azionario volto alla costruzione del gasdotto Nord Stream-2 con alcune società europee.

Secondo gli esperti, «il candidato più logico» sembra essere proprio Saipem, l'azienda ben nota a Gazprom per via di altri progetti e per aver posato i primi due rami di Nord Stream 1 attraverso il Baltico. Le chance di Saipem, tuttavia, sono ridotte dal fatto che l'Italia non partecipa al consorzio. Inoltre, l'attuale CEO dell'Eni, che controlla la società, Claudio Descalzi, non ha escluso la sua partecipazione alla costruzione del Nord Stream-2, sottolineando che «la decisione spetta a Saipem». L'Eni, secondo lui, non ha intenzione di partecipare al progetto.

Inoltre Saipem ha subito mingenti perdite dopo il recesso di Gazprom da un altro progetto – South Stream. Ora l'azienda italiana intende ottenere il risarcimento da una filiale del colosso energetico russo per l'ammontare di 759 milioni di euro, avendo già intentato la causa risarcitoria presso la Camera di Commercio Internazionale (ICC) di Parigi. A quel punto, un nuovo contratto potrebbe spianare la strada alla conciliazione bonaria tra le parti.

Secndo le fonti ben informate, la società Saipem ha già avviato le trattative con Gazprom.

A questo proposito occorre ricordare la visita del vice primo ministro russo, Arkady Dvorkovich, a Roma all'inizio di quest'anno. I mass media ufficiali hanno commentato brevemente l'incontro tra Dvorkovich e il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni. Il comunicato specificava solo che il politico russo stesse negoziando per fissare quest'anno la riunione annuale del Consiglio russo-italiano per la cooperazione economica, industriale, monetaria e finanziaria, nonché degli incontri tra le comunità imprenditoriali dei due paesi nei settori dell'energia, della cooperazione industriale, dell'agricoltura e della realizzazione di progetti di investimento congiunti sull territorio della Federazione Russa. Non è escluso che la questione del gas, che è senza dubbio la sfera degli interessi di primaria importanza di Mosca e Roma in materia di energia, sia stata sollevata durante questo incontro.

Si può presumere che il governo italiano abbia un altro motivo per voler accelerare la realizzazione del secondo ramo del Nord Stream, cioè, la cooperazione con Gazprom nel settore siderurgia – metallurgia. Si tratta dell'ILVA, una delle più grandi acciaierie d'Europa e la più grande d'Italia. Nel dicembre scorso il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha dichiarato che il governo italiano studierà la possibilità di nazionalizzare o vendere la società, nel caso in cui l'acquirente possa garantire il mantenimento dei posti lavoro. Il gigante internazionale del settore dell'acciaio, ArcelorMittal, di proprietà del miliardario indiano Lakshmi Mittal, ha già manifestato l'interesse per l'acquisto di ILVA. Tuttavia, nel caso Gazprom piazzasse un ordine per la fabbricazione dei tubi per la costruzione del gasdotto Nord Stream-2, è molto probabile che non servirebbe vendere la fabbrica agli indiani, e Renzi riuscirebbe a salvare 20 mila posti di lavoro per i cittadini italiani e garantire a loro i contratti a lungo termine.

In ogni caso, l'eventuale contraente europeo lavorerà con Gazprom sotto le sanzioni occidentali imposte al settore petrolifero e del gas russo, cioè, dovrà richiedere il rilascio di un permesso di costruzione del gasdotto alle autorità competenti del proprio paese. Ciò che rappresenterebbe una buona occasione, e un appiglio, per numerosi avversari del Nord Stream-2 per mandare per le lunghe il progetto.

In particolare, contro il nuovo gasdotto è l'Ucraina, le cui autorità hanno ripetutamente chiesto all'Unione Europea di bloccare l'attuazione di questo progetto. Il primo ministro ucraino Arseniy Yatsenyuk ha implorato Bruxelles a sottoporre Nord Stream-2 ad una «analisi critica». Questo non è sorprendente, visto che il nuovo gasdotto priverà Kiev della possibilità di far transitare il gas russo verso l'UE, causando la perdita di un introito annuo pari a 2 miliardi di dollari.

Tuttavia, la posizione rigida e inflessibile dell'Ucraina sulla questione del gas, a quanto pare, è dettata dall'altro continente. Così, a Davos il presidente dell'Ucraina, Petro Poroshenko, ha dichiarato francamente che Kiev e Washington devono agire insieme per bloccare la costruzione del gasdotto Nord Stream-2. «Abbiamo detto chiaramente che North Stream-2 è un progetto puramente politico, rivolto sia contro l'Ucraina che contro un numero significativo dei paesi europei, e dobbiamo agire efficacemente per fermarlo» – ha detto Poroshenko dopo l'incontro con il vice presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.

Occorre ricordare che anche gli americani a loro volta puntano sul mercato energetico europeo. Alcuni anni fa, gli Stati Uniti d'America già avevano ipotizzato che l'alternativa per le forniture di gas attraverso l'Ucraina (e un'alternativa al gas russo in generale) per l'Europa potrebbero diventare le forniture del gas di scisto proveniente dagli Stati Uniti. A tal fine, i vassalli degli Stati Uniti in Europa, tra cui Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Grecia, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia, hanno cominciato a porre ostacoli alla posa di nuovi gasdotti per le risorse energetiche russe, costringendo in questo modo gli alleati europei a ricevere il gas russo attraverso l'inaffidabile gasdotto ucraino, il cui sistema di trasporto di gas è al lumicino, e nel frattempo costruire lungo il perimetro delle frontiere marittime dell'UE dei terminali GNL per la futura ricezione del gas liquefatto americano.

Mosca, Ekaterina Rudnik

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