Il prossimo autunno entra in vigore in Lettonia il provvedimento di carattere normativo che difatti vieta ai genitori di dare i nomi russi ai propri figli. Il disegno di legge in questione è stato già elaborato dal Ministero della Giustizia e verrà esaminato entro il 1 settembre. E' molto probabile che possa essere approvato senza indugio dal governo e dalla Dieta (il Parlamento lettone). I relatori del documento spiegano che la legge «proteggerà la democrazia e il diritto di parlare la lingua lettone» nel paese.
Secondo le nuove regole, i genitori non potranno più chiamare i propri figli secondo la propria scelta. Se una famiglia deciderà di chiamare il proprio figlio Miron, Kirill o Gavriil, secondo l'ortografia e norme lessicali della lingua russa, la loro richiesta verrà respinta, anche se ciè rappresenterebbe una violazione della legge sul diritto alla privacy.
Per ora, il problema con i nomi in Lettonia è limitato alle norme contestate della linguistica lettone, che vengono utilizzate, per esempio, dal personale dell'ufficio anagrafe per il rilascio dei documenti: può essere scritto qualsiasi nome, a condizione che corrisponda alla grammatica della lingua lettone. Perciò nei nomi compare la desinenza «s», e di conseguenza, Igor si trasforma in Igors, Ruslan – in Ruslans, Sergey – in Sergejs, ecc.
Il capo del Dipartimento Comunicazioni del Ministero della Giustizia, Ksenia Vitole, ha specificato che il nuovo disegno di legge prevede le ragioni del rifiuto per la registrazione ufficiale un nome personale, se quello non corrisponde alle norme della lingua lettone oppure ostacola l'inserimento della persona nella società.
Il deputato del Consiglio comunale di Riga e il leader dell'organizzazione per i diritti umani «Ridateci i nostri nomi!» Ruslan Pankratov ha sottolineato: «È sorprendente come il Ministero della Giustizia ignora i requisiti e gli standard internazionali».
Il Comitato internazionale per i Diritti Umani ritiene che la modifica del nome e/o del cognome in documenti ufficiali senza il consenso del titolare è una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini. Quello che sta accadendo ora non è nient'altro che una privazione di cognomi familiari, un sradicamento dalla tradizione familiare plurigenerazionale, una cancellazione dell'identità nazionale, – in altre parole, è un'assimilazione forzata.
C'è da aggiungere che nel 1984 il governo comunista della Bulgaria aveva obbligato tutti i bulgari di lingua ed etnia turca a cambiare i loro nomi nei passaporti da turchi a quelli bulgari. Dopodiché, più di 300 mila turchi etnici hanno lasciato il paese.
All'inizio del XX secolo a un'assimilazione forzata sono stati sottoposti i bulgari in Grecia, la scrittura dei bulgari locali è stata tradotta in latino. Durante la seconda guerra mondiale, i processi di assimilazione della popolazione slava in Europa hanno assunto un carattere minaccioso. Il Terzo Reich ha approvato il programma «La soluzione finale del problema ceco». Quel programma prevedeva una germanizzazione completa degli slavi occidentali. Tali piani di assimilazione esistevano anche nei confronti di altri gruppi etnici – polacchi, slovacchi, sloveni, ecc.
Riga, Polina Nikolaeva
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