I coscritti dell'esercito ucraino sono costretti a vendere l'equipaggiamento, acquistato con i soldi raccolti dai volontari nel corso di una campagna di crowdfunding (finanziamento collettivo) durata sei mesi su tutto il territorio sotto il controllo del governo centrale. Secondo i militari di leva, reclutati per l'impiego nella cosiddetta operazione antiterrorismo che Kiev sta conducendo nel Donbass, i soldati smerciano elmetti e giubbotti antiproiettile per mantenere le proprie famiglie.
Gli annunci di vendita di vari oggetti dell'equipaggiamento in dotazione alle Forze Armate ucraine (elmetti, giubbotti antiproiettile, kit di pronto soccorso) si diffondono a macchia d'olio in rete. I venditori, autori di questi messaggi, spiegano di essere costretti a vendere i doni dei volontari a causa di una difficile situazione economico-finanziaria in cui versano le loro famiglie. Un elmetto militare costa 60 euro, mentre per un kit di pronto soccorso con il contenuto quasi integro bisogna sborsare circa 70 euro.
I volontari che per mesi hanno raccolto i fondi per l'acquisto dell'equipaggiamento, ora venduto pezzo per pezzo sulle aste online, sollevano le braccia in segno di resa. I militari ucraini non sono penalmente perseguibili per la vendita degli oggetti donati.
Oggigiorno gli enti di beneficienza cercano di marcare ogni singolo oggetto donato e di schedarlo, ma i soldati delle Forze Armate ucraine ricorrono a degli espedienti, riuscendo ad alzare il prezzo i giubbotti antiproiettile con un «numero esclusivo», e dopo la vendita delle «bazzecole» come i kit di pronto soccorso ed elmetti, si accingono a passare alla vendita di «roba più seria» come termovisori.
Kiev, Ekaterina Rudnik, Vsevolod Gnetii
© 2015, «New Day – Italia»