La Commissione europea ha tirato le somme del programma per la riduzione della dipendenza energetica dai principali esportatori di energia in corso da 10 dieci anni. Già nel 2005, quando il programma aveva appena preso il via, uno dei suoi obiettivi principali era la riduzione della dipendenza energetica dalla Russia. Tuttavia in questi anni non si sono riusciti a ottenere successi significativi in tale ambito.
Per la prima volta in Europa si era pensato di ostacolare gli aumenti delle forniture di gas dalla Federazione russa già all'inizio degli anni Duemila. Allora i paesi europei già da alcuni anni stavano riducendo il consumo di energia elettrica e dei combustibili per il riscaldamento provenienti dai prodotti petroliferi inquinanti in favore del proprio gas «verde» e di altre fonti di energia alternativa.
All'inizio del 2005 la dipendenza dell'Europa dalla Russia per quanto riguarda le forniture di gas era inferiore a oggi: circa il 27% con forniture annuali di 161 miliardi di m³ (nel 2016, il 34% con un export di 180 miliardi di m³).
La Commissione europea ha prodotto un documento in cui si sottolineava la necessità di diversificare le importazioni di gas, tenendo in particolare conto la costruzione di gasdotti interni all'Unione e la ricerca di nuovi mercati per l'acquisto del gas (oltre a quelli russo e algerino). Nel 2015 l'Europa è passata ad azioni più decise, creando la cosiddetta «Unione energetica», organizzazione che in prospettiva potrebbe controllare tutti i flussi di gas nell'UE.
Nonostante tutte le risorse delle lobby e i miliardi di euro investiti nella costruzione dei futuri gasdotti interni all'UE, nei suoi primi dieci anni la strategia per la riduzione della dipendenza energetica di Bruxelles dalla Russia non è riuscita a ottenere risultati significativi.
Con il costante calo dell'attività estrattiva, il livello di dipendenza dalle importazioni di gas per metà dei paesi dell'Unione europea ha superato il 90%. Dai dati della Commissione europea risulta che dal 2005 la quota di gas importato per il consumo complessivo dei paesi dell'unione è cresciuta dal 57 al 67%. Meno di tutti sono riuscite a ridurre la dipendenza non solo del gas ma anche petrolifera da Mosca Bulgaria, Croazia, Estonia, Finlandia, Ungheria, Lituania e Slovacchia.
Il petrolio, d'altra parte, provoca ancora più grattacapi ai funzionari europei: in 10 anni la dipendenza dalle importazione dell'oro nero è cresciuta del 7%, attestandosi all'88% nel 2014: 22 paesi UE su 28 sono costretti a fare leva sulle importazioni per più del 50%.
Alcuni stati in ogni caso sono riusciti ad attuare la riforma energetica. La Slovenia, ad esempio, sta gradualmente riducendo le forniture dalla Russia. Secondo i dati di «Gazprom Export», dal 2005 al 2015 esse sono calate da 0,67 a 0,48 miliardi di m³ all'anno. Di pari passo va la Croazia, che in 10 anni ha diminuito la quota d'importazione del gas russo dall'86 al 56%. Tuttavia, riducendo le commesse di gas, il paese ha accresciuto quelle di carbone: dal 2005 la quota di carbone russo in Croazia è aumentata dal 25 al 90%.
Secondo gli esperti, il gigante energetico russo «Gazprom» mantiene prezzi relativamente bassi per il combustibile, in particolare nei contratti a lungo termine. E molti paesi dell'Europa orientale, in assenza di un'infrastruttura sviluppata, sono abituati a lavorare con la Russia con accordi di questo tipo. Paesi come la Polonia, l'Ungheria o l'Estonia non sono completamente collegati dal sistema di gasdotti europei, ad esempio, con la Germania, e per loro sarebbe davvero strano contare su scadenze di diversificazione che si procrastinano nel tempo.
Alla Commissione europea, dal canto suo, ne sono del tutto consapevoli e stanno già elaborando un progetto di sviluppo dei sistemi di gasdotti lituani, lettoni, estoni e finlandesi entro il 2020. In tal modo l'Europa tra alcuni anni dovrà essere divisa in nove zone. La Germania sarà nella stessa zona con la Polonia, la Repubblica Ceca e la Slovacchia; L'Ungheria con l'Austria, l'Italia, la Slovenia e la Croazia; la Bulgaria con la Grecia, la Romania e gli stati balcanici; la Finlandia con i paesi baltici. In questo modo, prevedono i funzionari della Commissione europea, i paesi non dovranno dipendere da un unico gasdotto.
Nonostante questo, secondo gli analisti, tenendo anche conto del mutamento del panorama politico dell'Unione europea, si può pronosticare che la pressione nei confronti di «Gazprom» si attenuerà e che ai paesi dell'Europa orientale verrà permesso di mantenere i volumi odierni di forniture di gas da parte della compagnia russa. Visto che tutti i progetti alternativi che avrebbero dovuto ridurre la dipendenza energetica dell'Europa dal gas russo non hanno portato a niente, la quota della Russia nelle forniture energetiche verso l'Unione europea non farà che aumentare e alla fine raggiungerà il 35% del mercato.
Fonte: Life.ru
Bruxelles, Zoja Oskolkova
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